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Momenti di tenerezza

Fiducia Nel Genere Umano Gesti Che Cambiano

Fiducia Nel Genere Umano Gesti Che Cambiano Il Mondo 3

 

Fiducia Nel Genere Umano Gesti Che Cambiano : continua oggi con questa terza e ultima pubblicazione il racconto di 10 vite, della vita di 10 nostri contemporanei che con i loro gesti stanno lavorando per un mondo migliore; sono persone di esempio per tutti noi, eroi positivi, persone che spesso rinunciando non soltanto al lusso, ma anche a tutto ciò che noi consideriamo una normale comodità, hanno reso il mondo un luogo più accogliente, rispettando gli altri, l'ambiente e gli animali ed aiutando chi si trova in condizioni di disagio e di difficoltà.

 

La prime 3 testimonianze sono al link

https://www.leparoledegliangeli.com/it/momenti-di-tenerezza/3812-la-fiducia-nel-genere-umano-gesti-che-cambiano-il-mondo-1.html

 

Le seconde 3 testimonianze sono al link

https://www.leparoledegliangeli.com/it/momenti-di-tenerezza/3817-la-fiducia-nel-genere-umano-gesti-che-cambiano-il-mondo-2.html

 

Ed ora ascoltiamo i nuovi racconti di vita

 

7) Sean Le Vegan, l'uomo che vivrà 35 giorni in un canile

 

Trascorrere 35 giorni in canile per immedesimarsi nella vita dei cani abbandonati. Ecco il progetto di Sean Le Vegan, un volontario e animalista di Manchester, che dal 5 ottobre trascorrerà oltre un mese in canile per sensibilizzare al tema del randagismo e diffondere una maggiore consapevolezza sulle condizioni di vita dei cani nei canili. Potrà concedersi soltanto un'ora di libertà al giorno. Trascorrerà in canile anche la notte e avrà a disposizione soltanto una razione quotidiana di acqua e cibo e una coperta per ripararsi dal freddo.

 

Approfondimento: Quali sono le reali condizioni di vita di un cane rinchiuso in canile? Soltanto i volontari che vi lavorano assiduamente e gli animali stessi possono conoscerle fino in fondo. Sareste disposti ad immedesimarvi nella vita di un cane senza casa e senza famiglia per comprendere la sua sofferenza?

 

Sean Le Vegan, un animalista di Manchester, in Inghilterra, trascorrerà oltre un mese nel recinto di un rifugio per animali per diffondere una maggiore consapevolezza riguardo al randagismo e alle condizioni di vita nei canili. Tra i suoi obiettivi vi è inoltre la volontà di incoraggiare l'adozione dei cani che si trovano nei canili, piuttosto che il loro acquisto altrove.

 

Sean, che ha 35 anni, è uno web-designer che trascorre il proprio tempo libero come volontario presso il Manchester and Cheshire Dogs' Home. Vivrà per 35 giorni nel recinto di un canile per attirare l'attenzione di tutti verso il problema dei cani senza famiglia adottiva. La sua impresa permetterà inoltre di raccogliere fondi a favore dei cani che si trovano nel canile di Manchester.

 

Una web-cam registrerà la sua esperienza nel canile giorno e notte. Sarà possibile iscriversi per assistere in diretta alla sua avventura pagando una somma di 6 sterline, che andrà in beneficenza. Proprio come i cani che vengono portati al canile, Sean non mangerà nulla per i primi quattro giorni, periodo in cui avrà a disposizione soltanto dell'acqua e una coperta.

 

Così come i cani, potrà godere solo di un'ora di libertà al giorno, in cui potrà utilizzare il bagno e rinfrescarsi. Per rendere l'esperienza ancora più autentica, Sean si farà impiantare un microchip sulla spalla, che sarà collegato al database in cui vengono registrati i cani. Il volontario ha deciso di provare sulla propria pelle un'esperienza davvero insolita. Avrebbe potuto organizzare una maratona di beneficenza per raccogliere fondi, ma il gesto non avrebbe garantito altrettanto coinvolgimento.

 

Per prepararsi all'esperienza, che prenderà il via il prossimo 5 ottobre, Sean ha già deciso di eliminare caffeina, sale e zucchero dalla propria dieta, in modo da migliorare la capacità di idratazione del suo corpo. Ad inizio ottobre inizierà ad arrivare il freddo, che contribuirà a rendere ancora più dura la vita in canile del volontario. Potrete seguire l'esperienza di Sean su Twitter e leggendo il blog Kennel 35.

 

8) La donna che ha restituito la sabbia della spiaggia rosa di Budelli

 

Aveva rubato della sabbia dalla spiaggia rosa di Budelli, in Sardegna, ma si è pentita del suo gesto e ha restituito il sacchetto che aveva riempito, accompagnandolo con una lettera. La donna aveva raccolto la sabbia a Budelli 20 anni prima. Con il trascorrere del tempo si è pentita del suo gesto e ha cercato di porre rimedio. La spiaggia è stata purtroppo minacciata dal turismo eccessivo e da comportamenti che ne hanno compromesso la bellezza. Ora il sacchetto di sabbia e la lettera sono custoditi nel museo della Maddalena e sono il simbolo dell'educazione ambientale da impartire ai ragazzi delle scuole che lo visitano.

 

Approfondimento: Rosa, meravigliosamente rosa. È questo il colore della bellissima spiaggia situata a sud-est dell'isola di Budelli nell'Arcipelago di La Maddalena, il cui colore cristallino dipende dalla presenza nella battigia di gusci calcarei di Miniacina miniacea, un protozoo foraminifero presente nei rizomi di Posidonia oceanica, la fanerogama pianta marina più importante del mar Mediterraneo. È la Spiaggia Rosa di Budelli, la più famosa delle isole minori dell'arcipelago della Maddalena.

 

Perché è rosa. Questi bioclasti hanno origine soprattutto nella prateria a Posidonia oceanica e vanno ad alimentare, dopo il loro disfacimento, la spiaggia grazie alle correnti di deriva litorale e alle correnti di fondo. La loro concentrazione nella Spiaggia Rosa di Budelli è dovuta ad una eccezionale concomitanza di motivi: morfologia dei fondali e della costa, presenza di una estesa prateria di Posidonia oceanica, andamento delle correnti a bassa energia che nel periodo estivo operano una separazione densimetrica dei materiali mineroclastici e bioclastici, favorendo la concentrazione di questi ultimi.

 

Guardare ma non toccare. Esaltata per lo straordinario effetto cromatico da Michelangelo Antonioni nel film "Deserto Rosso" primo film a colori del maestro di Ferrara (1964), oggi la spiaggia rosa di Budelli è completamente tutelata. Fa parte, infatti, dell'Arcipelago di La Maddalena, dove da sempre sono vietati l'accesso all'arenile, il transito o la sosta dei mezzi nautici nello specchio acqueo antistante e la balneazione. Negli anni, però, questa opera d'arte firmata Madre Natura ha rischiato di scomparire. I numerosi ancoraggi e l'agitazione irregolare delle acque ad opera delle imbarcazioni e dalla balneazione avevano modificato la composizione delle sabbie di spiaggia, con la riduzione della percentuale dei bioclasti e la quasi scomparsa del caratteristico colore rosa.

 

Del suo attuale stato di salute ne parliamo, in occasione della "Settimana del Parco Nazionale dell'Arcipelago di La Maddalena", manifestazione nata per celebrare la Giornata europea dei parchi del prossimo venerdì 24 maggio con il naturalista Tommaso Gamboni dell'associazione Cesaraccio, che gestisce il Museo geomineralogico del CEA (Centro di educazione ambientale del Parco), inaugurato e aperto ufficialmente al pubblico il 1 marzo 2002.

 

All'interno del museo c'è un sacchetto (in restituzione) con la lettera di scuse di una signora che portò via della sabbia della Spiaggia Rosa. È stato collocato in una vetrina del Museo a significare il "pentimento" per aver portato via qualcosa che non gli apparteneva. Il visitatore commenta sempre positivamente questo gesto, e lo stesso è preso come simbolo dell'educazione ambientale da impartire ai ragazzi delle scuole di ogni ordine e grado che visitano il Museo.

 

9) L'uomo che piantò da solo una foresta di 550 ettari

Jodav Payeng si è impegnato a restituire agli animali dell'India un habitat adatto alla sopravvivenza. Trent'anni fa piantò dei semi lungo un terreno inaridito, nella speranza di ricreare un ecosistema fertile. Ora quel luogo si è trasformato in una foresta di 550 ettari. Nel 1979 forti inondazioni distrussero le piante e uccisero gli animali. Dovette compiere la propria impresa completamente da solo, poiché nessuno si era dimostrato pronto ad aiutarlo. I suoi sforzi sono stati ricompensati dalla natura stessa.

 

Approfondimento: Trenta anni fa piantò dei semi in una terra brulla e dimenticata dall'uomo per creare un eco-sistema in grado di ospitare piante e animali in via di estinzione. Oggi è diventato un eroe per aver costruito da solo una foresta di 550 ettari ricca di vegetazione e animali.

 

E' successo in India, nella regione settentrionale di Assam, dove tre decadi fa, un giovane di nome Jadav "Molai" Payeng decise di creare un habitat adatto ad ospitare gli animali della sua zona, sempre più colpiti dall'inaridimento delle terre e dall'urbanizzazione.

 

Ma quello che per Payeng era inizialmente un semplice passatempo si è trasformato presto in una vera e propria missione: costruire una foresta per creare un nuovo ecosistema. E così – lasciata la sua casa – il giovane indiano si è trasferito sul posto, per vivere in una piccola abitazione nel verde ed essere così più vicino alla sua impresa quotidiana, che oggi - con un totale di 550 ettari di rigogliosa foresta - è finalmente compiuta.

 

Nei giorni scorsi, il quotidiano "Times of India" ha raggiunto Payeng nella sua casa tra gli alberi per capire cosa lo avesse spinto ad intraprendere un lavoro tanto impegnativo quanto originale.

 

Tutto ebbe inizio nel 1979, quando alcune violente inondazioni portarono nella zona morte e distruzione: migliaia di piante furono devastate e gli animali uccisi.

 

"I serpenti sono morti per il caldo, perché non avevano nessun albero sotto cui ripararsi. Mi sedetti e piansi sopra le loro carcasse senza vita. E' stata una carneficina, così ho allertato il dipartimento forestale e ho chiesto loro se in quel punto potevano crescere alberi. Non mi hanno saputo dire nulla, ma intanto mi hanno suggerito di fare un primo tentativo con i bambù e così ho fatto. Non c'era nessuno ad aiutarmi – ha continuato Payeng che ora ha 47 anni - nessuno era interessato".

 

Grazie alla nascita della foresta, la fauna selvatica è tornata a popolare la zona e oggi può vivere in tranquillità in un nuovo equilibrio ecologico, dove Payeng ha riportato anche le formiche: la foresta chiamata Molai, ora è un porto sicuro per numerosi uccelli, cervi, rinoceronti, tigri, elefanti. Specie che rischiano ogni giorno di più di perdere il loro habitat naturale.

 

Ma lo Stato indiano avrà riconosciuto qualcosa a Payeng?

 

Niente affatto. Gli elogi sono arrivati solo dai funzionari forestali, che nel 2008 hanno scoperto la sua magnifica impresa: "Siamo stupiti Payeng – ha detto il direttore del dipartimento di protezione delle foreste Gunin Saikia. - Se fosse stato in qualsiasi altro paese, sarebbe diventato un eroe".

 

10) L'uomo rimasto a Fukushima per salvare gli animali abbandonati

 

Keigo Sakamoto, un uomo di 58 anni, ha deciso di rimanere a Fukushima per salvare gli animali abbandonati e per prendersene cura, nonostante gli ordini di allontanamento. Subito dopo il disastro, le autorità non hanno pensato agli animali che venivano abbandonati dai loro padroni che fuggivano dal pericolo delle radiazioni. Sakamoto è un vero e proprio eroe. Ha salvato cani, gatti, polli, conigli e altri animali che i padroni non avevano potuto portare via con sé.

 

Approfondimento: Keigo Sakamoto, 58 anni, è un eroe vivente dei nostri tempi. Ha sfidato apertamente l'ordine di lasciare le contaminate terre di Fukushima, devastate dal terribile incidente nucleare dell'11 marzo 2011, per prendersi cura degli animali abbandonati.

 

Nella sua casa, che si trova nella zona rossa vicino a Naraha, nella prefettura di Fukushima, ne ha accolti oltre 500. A regalarci la sua storia è il fotografo Reuters Damir Sagolj, che ha visitato città e villaggi abbandonati e incontrato persone la cui vita è irrevocabilmente cambiata dal giorno indimenticabile del disastro.

 

All'interno della zona rossa intorno all'impianto, Sagolj ha trovato una scena paragonabile a "un film horror in silenzio". Ma in mezzo alla carneficina e alle case deserte, una luce, una speranza, la vita. C'era un uomo che aveva sfidato il pericolo. Il suo nome è Keigo Sakamoto, un agricoltore ed ex badante, considerato un pazzo da alcuni e un eroe da altri.

 

Sakamoto ha rifiutato di evacuare ed è rimasto nelle sue terre contaminate, facendo degli animali la sua missione. In questi anni si è avventurato in città e villaggi vuoti e ha raccolto una vera e propria Arca di Noè, con cani, gatti, conigli, polli e persino marmotte, quasi tutti abbandonati dagli ex proprietari quando hanno lasciato la zona.

 

Molti dei cani sono diventati selvaggi. "Non ci sono vicini. Io sono l'unico, ma sono qui per rimanere", dice Sakamoto, coraggioso samurai solitario, rimasto a difendere la comunità di animali non umani vittima del nucleare quanto l'uomo, abbracciando uno dei suoi cani, Atom, nato poco prima del disastro nucleare.

 

Fiducia Nel Genere Umano Gesti Che Cambiano Il Mondo 3 sono esperienze tratte dal sito www.greenme.it

 

Fiducia Nel Genere Umano Gesti Che Cambiano Il Mondo 3

 

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