Padre Pio San Giovanni Rotondo Miracolo

Padre Pio San Giovanni Rotondo Miracolo di S. Padre Pio tumore benigno I miracoli di Padre Pio
 
Sona nata a Maschito (Potenza) nel 1958. Quando avevo 5 anni, la mia mamma Giovannina mi chiese se volevo andare con lei e suor Angelina, che era in pensione per motivi di salute, a vedere Padre Pio a San Giovanni Rotondo. Suor Angelina abitava di fronte alla nostra casa, faceva la ricamatrice e insegnava a ricamare alle ragazze del posto, io ero tra queste.
 
Era settembre 1963 quando la mamma, suor Angelina ed io andammo a S. Giovanni Rotondo. Mi ricordo la Chiesa stracolma di gente ed io, piccolina, a stento riuscivo a vedere Padre Pio sull’altare che celebrava la S. Messa. La mia attenzione fu attirata dai suoi guanti che erano tagliati a metà sulle dita. La S. Messa terminò e tutti uscimmo fuori dalla chiesa. Quasi tutti I fedeli cercarono di avvicinarsi a Padre Pio, ma rimasi molto sorpresa nel vedere Padre Pio fare dei gesti con le mani e mandare via molte persone tra le quali suor Angelina. Eravamo quasi vicino alle scale di fronte alla Chiesa, quando mia madre mi disse: “Carmela , Padre Pio ti sta guardando, vai a salutarlo!” Il suo sguardo era così severo, avevo paura di essere mandata via come aveva fatto con tante altre persone; mi nascosi dietro la gonna di mamma, ma notai con la coda dell’occhio che mi stava aspettando. Se mia madre fosse venuta con me ci sarei andata, ma anche lei era molto intimorita. Tornammo a casa.
 
Passarono gli anni e continuava a circolare la voce che presto Padre Pio sarebbe stato fatto Santo.
 
A 15 anni lasciai Maschito ed andai a vivere a Como con le mie sorelle Enrica, Antonietta e mio fratello Vincenzo che lavoravano lì per aiutare i miei genitori a pagare il mutuo della casa e dei terreni. Dopo anni di malattie e siccità i miei genitori non riuscivano più a pagare e rischiavano di perdere tutto.
 
Nel 1981, con il terremoto dell’Irpinia, decisi di lasciare il lavoro e tornare a casa; avevo paura di non vedere mai più i miei genitori. Incominciai a studiare infermieristica e mi diplomai tre anni dopo. Incominciai a lavorare molto presto e mi sentivo molto felice ed appagata. Tre anni dopo incontrai Pasquale che era venuto in Italia in vacanza da Londra dove viveva. Mi chiese subito di sposarlo, io ero indecisa, ma mi sembrò un uomo serio e gli dissi di si.
 
Nove mesi dopo, tre mesi prima del matrimonio, Antonietta mi disse che mamma aveva una massa nell’addome. Il mio cuore si fermò, sapevo che cosa poteva essere. Ero infermiera, la portai da tutti i medici che conoscevo. Tutti dissero la stessa cosa: che avrebbe potuto essere una forma maligna. Il medico curante ci suggerì di andare a S. Giovanni Rotondo dove S. Padre Pio aveva fatto costruire l’ospedale Casa Sollievo Della Sofferenza. Mamma fu operata dopo due settimane. Dopo l’intervento il Professor Pavone, che aveva seguito S. Padre Pio, mi chiamò in disparte, mi mise la sua mano sulla mia fronte e mi disse:” Mi dispiace ma e’ maligno, speriamo di averlo preso in tempo.” La mia testa cominciò a girare, ero terrorizzata, come facevo a dirlo alla mia famiglia? Decisi di tenerlo nascosto, mi attaccai alla speranza che forse era stato preso in tempo. I medici decisero di cominciare subito la chemioterapia. Durante I turni di lavoro andavo a trovare mia madre tutti i giorni da Pescopagano (Pz) a S. Giovanni Rotondo che erano duecento chilometri. Antonietta faceva lo stesso.
 
Io avevo deciso di posporre il mio matrimonio, non ce la facevo a continuare i preparativi in quello stato d’animo. Mamma si arrabbiò e mi disse: “Io ho avuto la mia vita, adesso abbi la tua!” Ero morta dentro ma come potevo darle un nuovo dolore? Continuai i preparativi. Quando andavo a trovarla in ospedale, lei mi chiedeva: “ Che devo morire?” Io continuavo a mentire, dicendo che aveva bisogno della chemioterapia per evitare una nuova ciste all’altro ovaio. Prima di tornare al lavoro o a casa mi rifugiavo nella Chiesa dove avevo visto S. Padre Pio e lo imploravo di prendere me invece di mia madre che tutti adoravamo. Non facevo altro che piangere quando nessuno mi vedeva. Una settimana prima del matrimonio e dopo il primo ciclo di terapia, avevamo l’appuntamento al ristorante per decidere il pranzo; mia madre stava facendo il bagno quando mi chiamò, con orrore notai che aveva perduto quasi tutti i capelli. Era così mortificata, come poteva venire al matrimonio in quelle condizioni? Antonietta ed io non ci perdemmo d’animo e cercammo di trovarle una parrucca. Era ferragosto e tutti i parrucchieri erano in vacanza, riuscimmo a trovare un negozio aperto a Salerno. Mamma era felice e come noi si diede una grande forza d’animo.
 
Il giorno del matrimonio avevo solo un pensiero nella mia mente: stavo lasciando l’Italia per Londra e forse non avrei più rivisto mamma. Lei voleva vedermi felice ma per me sarebbe stato meglio morire!
 
Nel 1989 mi trasferii a Londra. Nacquero due bellissimi bambini. Pasquale aveva due lavori per pagare la casa. Nei momenti di crisi la vita diventava molto difficile; mi mancava molto la mia famiglia ed ero molto addolorata per mia madre. Non osavo dire niente per i miei dispiaceri perchè non volevo che mamma soffrisse.
 
Dieci anni dopo, un mattino vidi una macchia di sangue sul pigiama, non ci pensai molto, pensavo fosse una puntura di zanzara. Quando mi tolsi il pigiama notai meglio la macchia. Mi guardai sul petto ma non notai niente. Col passare dei giorni le macchie del sangue si ingrandirono sempre di più ma non riuscivo a capire da dove venissero fino a quando decisi di spremere il capezzolo: il sangue veniva di lì. Ero infermiera, sapevo bene che cosa potesse essere. La mia dottoressa disse che non era niente di grave perchè non avevo il nodulo. Ma Pasquale ed io eravamo molto preoccupati e finalmente, dopo tante insistenze, dopo un mese riuscimmo ad avere un appuntamento con il primario Mr. Parker. Appena mi visitò mi strinse il braccio come per farmi coraggio, mi fece la biopsia e mi disse che mi avrebbe operata di routine. Scesi alla radiologia per la mammografia e andai a prenotare per l’intervento: sarebbe stato entro due settimane! il professore mi aveva detto che non era urgente!
 
La vecchia paura tornò in me: era cancro? Quanto mi restava?; I bambini erano ancora troppo piccoli, chi si sarebbe preso cura di loro? Quando nessuno mi vedeva non facevo altro che piangere.
 
Dopo due settimane dall’intervento partimmo per l’Italia. Pasquale voleva festeggiare il decimo anno del nostro matrimonio. Ci fermammo a Roma per tre giorni e poi andammo dai miei genitori. Mamma sembrava essersi ripresa abbastanza bene e come ogni anno che ci vedevamo era lei che voleva cucinare come sempre. Vincenzo era in vacanza con la sua famiglia e ci chiese se volevamo andare a S. Giovanni Rotondo; da quando mamma si era operata lui donava il sangue, ogni anno, all’ospedale e poi andava a visitare S. Padre Pio. Lasciammo i bambini a casa, eravamo in troppi e dopo la donazione del sangue andammo in Chiesa. Quando all’entrata della Chiesa mi segnai con l’acqua benedetta sentii un dolore allucinante al petto, come se un pugno mi avesse rotto lo sterno e fosse entrato nel cuore. Al momento non capii, pensavo che stessi avendo un attacco di cuore, non dissi niente, mi sedetti sperando che passasse, pensavo che stessi morendo e che non avrei visto i miei figli mai più. Il dolore divenne gradualmente più leggero, andai a prender la comunione; nell’attimo che la ricevetti, una mano maschile sinistra mi passò sul seno destro, il seno operato. S. Padre Pio mi aveva fatto il miracolo! Due settimane dopo tornammo in Inghilterra ed ebbi il risultato della biopsia: il tumore era benigno! Mi sentii molto felice, ripresi il lavoro e tornai alla mia vita di sempre.
 
Qualche mese dopo mia nipote mi telefonò dicendo che si sarebbe sposata nel maggio del 2000 e che mi voleva come testimone di nozze. A maggio partimmo per Como dove mia nipote viveva. Mio padre, mia madre ed Antonietta vennero due giorni dopo. Eravamo sul balcone quando la macchina con i miei arrivarono. Mamma scese dalla macchina ed Enrica esclamò:”Mio Dio, mamma ha perduto peso!” Antonietta, che viveva con loro, disse che era perchè mamma mangiava gli yogurt.
 
Il matrimonio fu bellissimo e tutti andammo a Maschito. Convincemmo la mamma a farsi vedere da un medico; dopo cinque anni di controlli mamma non voleva farsi più vedere dai medici, diceva che aveva sofferto abbastanza. Enrica ed Antonietta la portarono: il cancro era tornato! Vincenzo ed Enrica la portarono nei migliori ospedali di Milano e Como, la risposta era sempre la stessa: non sapevano se era il cancro primario o un altro che si era sviluppato chissà dove. Mamma accettò di avere altra chemioterapia a S. Giovanni Rotondo. Enrica viaggiò ogni tre settimane da Como a Maschito per la chemioterapia che durò nove mesi. Io andai cinque volte in un anno, Vincenzo andava spesso ed Antonietta che lavorava al comune curava i nostri genitori. Mamma stava sempre peggio ed entrava ed usciva dall’ospedale locale, speravamo sempre in un miracolo. Con Pasquale incominciarono grandi incomprensioni, non voleva che andassi a trovare mamma; il risultato delle liti fu una sua grande depressione: non c’era stato abbastanza dolore? Io soffrivo molto per mia madre e avrei voluto starle più vicino e soffrivo per Pasquale anche se non riuscivo a capirlo: lui vedeva sua madre, che stava bene, tutti i giorni, come non poteva capire me? Pasquale si riprese lentamente, i nostri figli sono stati la nostra grande forza.
 
Mamma morì il 25 marzo 2004 con tutti noi accanto. Sul suo cuscino il suo viso con un bellissimo sorriso fu impresso per più di una settimana: era il suo ultimo atto d’amore per tutti noi.
 
Papà morì tre anni dopo col cuore spezzato, non riusciva a capire perché mamma se ne era andata; lui l’aveva curata tutte le notti e di giorno andava a lavorare nei campi. Si chiedeva che cosa le avesse fatto e perchè lei preferiva stare con S. Padre Pio e non con lui; ogni giorno andava a trovarla al cimitero e diceva che un giorno l’avrebbe riportata a casa, odiava l’immagine di S. Padre Pio sulla sua tomba.
 
Dopo tanto dolore, speravamo di avere un po’ di serenità quando un anno dopo Antonietta mi chiamò e mi disse che aveva un nodulo al seno. Dopo qualche settimana andai a Como con i miei figli quando Antonietta ci disse che era cancro!
 
I miei figli ed io partimmo per Maschito la sera stessa. Lei sembrava molto serena, le dissi che mi sarebbe piaciuto andare a visitare S. Padre Pio: il Suo corpo era stato riesumato e per me sarebbe stato anche più bello rivederlo in persona.
 
Andammo a San Giovanni Rotondo, c’erano due ore di fila. Eravamo nel corridoio della Chiesa ed io mi ero appoggiata ad una vetrata e cercavo di seguire la storia di S. Padre Pio sugli schermi quando Antonietta mi venne vicino e mi bisbiglio:” Lo sai Che S. Padre Pio mi ha fatto il miracolo? Ho sentito una mano che è entrata nel seno e mi ha estirpato il cancro!”. Alzò il braccio e mi disse che fino ad allora non poteva sollevare l’arto per il dolore. Io mi girai e lo vidi: ero appoggiata alla vetrata dove c’era la statua di S. Padre Pio; i suoi occhi mi guardavano con infinito amore. Che cosa ho fatto per meritarmi le sue grazie? io sono una povera peccatrice che si rammarica sempre di non essere andata a salutalo quando era in vita; è venuto lui da me, è sempre stato e sarà sempre nella mia vita; quando sento il suo profumo sò che è accanto a me e non ho più paura.
 
Antonietta e’ stata operata quasi due anni fa. Dopo la chemioterapia tutte le diagnostiche sono risultate negative.
 
Grazie infinite S. Padre Pio.
 
Per grazie ricevute
 
Conenna Maria Carmela
 
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