La paura del terrorismo e la vita
La paura del terrorismo e la vita quotidiana vivere nella libertà
La paura del terrorismo e la vita : potrà sembrarvi strano o addirittura assurdo ma osservando le persone sui mezzi pubblici o nelle vie del centro di Roma, lo stato di allerta è davvero elevato; qualsiasi rumore, qualsiasi suono della sirena dell’ambulanza o delle forze dell’ordine ci mette sull’attenti e nella nostra mente scatta subito la domanda “cosa sta succedendo?”, in quel momento, il bisogno di sicurezza è vitale per noi.
Vorremmo vivere in uno stato di pace, di serenità, anche perché a dirla tutta già dobbiamo pensare a come risolvere i problemi in casa, al lavoro, in famiglia, a scuola, etc.. Adesso viviamo in un perenne stato di allerta, come se ci dovesse succedere qualcosa da un momento all’altro, come se fossimo destinati a ritrovarci in uno scenario di guerra e terrore.
Maslow (1954) afferma che il bisogno di sicurezza, ovvero il sapere in ogni momento di essere protetti e al sicuro, è talmente importante per ognuno di noi tanto da essere secondo solo ai bisogni fisiologici (come la fame e la sete).
Negli avvenimenti catastrofici, la nostra reazione è determinate e ne siamo responsabili. Ma cosa possiamo fare per riacquistare la sicurezza perduta?
Di fronte ad attacchi terroristici lo shock emotivo può generare il pensiero che sia impossibile difendersi, che necessariamente ci troveremo protagonisti di un attentato che può colpire chiunque e proprio io sarò lì. Questo è un pensiero che ci “rovina” perché crea un circolo vizioso in cui noi vorremmo non pensare a ciò, non aver paura, a lottare per la nostra sopravvivenza (psicologica e fisica), vorremmo vivere serenamente la nostra vita quotidiana, cambiando il nostro pensiero da “non potrò difendermi e capiterà a me” a “non capiterà a me”. Ahimè non è così semplice e come già vi accennavo, lo leggo negli occhi di chi incontro sull’autobus e vede salire un ragazzo musulmano in veste tradizionale.
In una situazione come quella che stiamo vivendo, molte delle nostre interpretazioni della realtà esterna sono errate e non ci rendiamo conto che tali interpretazioni influenzano la nostra percezione degli eventi, restituendoci un’idea della realtà spesso distorta.
Uno dei primi pensieri che sovviene alla nostra mente è “Non c’è nessuno a difenderci”, “stanno per colpirci”. Nel momento in cui tale pensiero si presenta, dovremmo ricordarci del grande lavoro svolto dai corpi armati e dalle agenzie di Intelligence e di come ogni giorno si combatte il terrorismo. E’ grazie anche grazie a loro che ogni giorno possiamo continuare a svolgere le nostre attività quotidiane, provando quel senso di sicurezza e di protezione di cui abbiamo bisogno.
In queste circostanze, molto spesso, la paura può trasformarsi in rabbia e odio razziale, dove gli islamici verranno etichettati come “terroristi”. In realtà, se avessimo l’opportunità di conoscere più da vicino la religione islamica, converremmo con i fedeli musulmani che lottano contro questa etichetta che non rispecchia il credo da loro professato. A testimoniare ciò sono gli innumerevoli articoli scritti da giovani (e non) islamici nati in Italia e in Europa, e la manifestazione “Not in my name” che si è svolta anche a Roma, dove moltissimi fedeli islamici hanno gridato in nome del proprio credo contro il terrorismo.
Guardiamo allora le cose per quello che sono:
I terroristi hanno diffuso una paura irrazionale, cioè smisurata, rispetto alla probabilità di accadimento perchè hanno proprio questo obiettivo: cambiare i nostri comportamenti abituali, generare e diffondere queste preoccupazioni che ci possa accadere qualcosa, indurci a chiuderci, a isolarci, a evitare contatti, a non comportarci come prima. Ma la paura irrazionale è una lente di ingrandimento che deforma, ingigantisce in maniera anormale, una cosa che razionalmente non lo è.
Ragioniamo: le probabilità di essere coinvolti in un evento terroristico sono molto basse; poi capisco che tutti noi abbiamo, nella nostra vita, delle paure e che ci sono persone ansiose e di fronte a queste cose vanno in panico, ma bisogna reagire razionalmente: a meno che uno non vada a mettersi in situazioni di rischio oggettivo, la probabilità di diventare un bersaglio casuale di un atto terroristico è più bassa di un incidente stradale ... e non è che decidiamo di non uscire più di casa, appena sentiamo di un pirata della strada che investe e uccide.
Se reagiamo così, se ci isoliamo, se evitiamo il contato con gli altri, se modifichiamo la nostra normale quotidianità, facciamo il loro gioco. Evitiamo quindi di stare incollati ai televisori e a partecipare al bombardamento di news ed immagini perchè questo avrà l'unico effetto di far aumentare in noi ansia e paura. Spegniamo e cominciamo a parlare con gli altri, mettiamoci vicini ai nostri affetti, sentiamo vicini i nostri affetti e facciamo in modo che loro sentano il nostro calore; proteggiamo i più giovani rassicurandoli, facciamoli sentire non esposti ai rischi perchè c'è anche il nostro proteggerli, più ci sentiremo insieme, in gruppo e più gestiremo il dolore e lo stress per la situazione che si è creata recuperando il nostro equilibrio e riappropriandoci della nostra vita.
Non cambiamo le nostre abitudini, i nostri stili di vita, è la miglior risposta, è la nostra personale risposta per mantenere la libertà.
Vivere comporta l'implicita accettazione di rischi, senza questo presupposto non sarebbe possibile avere una vita soddisfacente ed impegnata o, quantomeno, sarebbe una vita diversa e meno gradevole di quella che desideriamo; tutti i giorni corriamo rischi, prendiamo l'auto senza che nessuno ci garantisca di ritornare illesi, passiamo sotto i balconi senza preoccuparci se un vaso ci cascherà in testa, facciamo progetti senza avere l'assoluta garanzia di avere il tempo per poterli realizzare, eppure ci sembra normale cosi ed è giusto che sia così, è la nostra vita, la nostra esperienza.
Non rinunciamo alla vita che vogliamo fare per colpa di chi sponsorizza l'odio, il terrore e la paura, viviamo la nostra vita, con la nostra attenzione di sempre, ma senza paure.
La paura del terrorismo e la vita quotidiana vivere nella libertà è un articolo scritto con il contributo di Sara Baggetta, Oscar Puntel e Gaspare Costa
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La paura del terrorismo e la vita
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