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Miracoli

Papa Giovanni XXIII Testimonianze di guarigioni

Papa Giovanni XXIII Testimonianze di guarigioni miracoli e grazie ricevute da Papa Giovanni XXIII
 
Cara Sara, ogni promessa è debito ed eccomi a pagare il mio "debito", cosa che, tra l'altro, faccio con immenso piacere. Ti avevo promesso di raccontarti la mia esperienza col papa buono, Giovanni XXIII …
 
Per una bambina di 9 anni ammalarsi di tifo e paratifo alla fine degli anni 60 non era proprio uno scherzo. Ero una bambina curiosa ed esuberante, e, come tutti i bambini, ero attratta proprio da tutte le cose che mi erano proibite, ad esempio i frutti di mare crudi. Perché, mi chiedevo, i grandi possono mangiarli ed io no?
 
Ero molto curiosa di sapere che gusto avevano le vongole mangiate crude: una cosa un po’ strana per una bambina, certo, ma siccome vedevo che in famiglia, in quegli anni, gli adulti usavano farlo, pensavo che sicuramente dovevano essere molto buone. E si sa, il frutto proibito è sempre quello che ci attrae di più, purtroppo.
 
Allora i pescivendoli passavano con i loro carretti ambulanti a vendere la loro mercanzia e quel pomeriggio, mentre giocavo nel cortile di casa con altri amichetti, vidi la signora che abitava al piano sottostante casa mia comprare, dall’ambulante, un bel sacchetto di vongole. Allora i pescivendoli usavano mettere quel che vendevano in un cono fatto con la carta dei quotidiani vecchi e così la signora, dopo aver comprato le vongole, si riavviò per le scale per tornare a cucinarsi le sue vongole per cena.
 
Poco dopo mia mamma mi chiamò perché era ora di merenda e, mentre salivo le scale, mi accorsi che la signora aveva perso, lungo le scale, come Pollicino, un paio di vongole fuoriuscite dal sacchetto di carta che, essendosi bagnato con l’acqua di frutti di mare, si era evidentemente rotto. La signora del piano di sotto non lo ha mai saputo, ma aveva perso lungo le scale proprio le vongole “avvelenate” che, per mia sfortuna, ora erano lì a tentarmi.
 
“Quando mi ricapita l’occasione di assaggiarle?”, mi dissi e così, stando ben attenta che nessuno mi vedesse, ruppi le vongole sui gradini e le mangiai di gran gusto. “Che buone!”, pensai dentro di me, “chissà perché mamma non vuole che io le mangi …”
 
Dopo una settimana capii il perché: cominciai a stare davvero molto male perché mi ero ammalata, in un sol colpo, di tifo e paratifo. Ricordo poco di quel periodo, ma, come in tanti flash, rivedo i miei parenti disperati, l’isolamento in camera per salvaguardare mio fratello, le febbri altissime e i deliri, le tante punture e i tanti medici che non riuscivano a farmi guarire. Stavo sempre peggio, non mangiavo quasi più nulla e, dopo un paio di mesi in quella situazione, vedendo mia mamma che faceva fatica a trattenere la sua disperazione, cominciavo a temere di dover morire. Avevo febbre altissima tutti i giorni e le cure parevano davvero inutili.
 
Ricordo che mio padre tentava di farmi fare i compiti che lui stesso andava a ritirare a scuola tutti i giorni, ma, per quanto ero indebolita ed i forti mal di testa, non riuscivo a stare nemmeno seduta a letto. Avevo paura, anche se non capivo bene la realtà intorno a me che era confusa e distorta.
 
Mia madre, molto religiosa, aveva messo un’immaginetta di papa Giovanni XXIII, il papa buono, sul mio comodino e lo pregava sempre, implorandogli la grazia della mia guarigione e promettendogli che mi avrebbe portata a Roma a pregare sulla sua tomba se mi avesse guarita.
 
Non conoscevo bene papa Giovanni, quando morì ero davvero troppo piccola, per cui non avevo nessuna idea di che aspetto avesse, conoscevo solo vagamente il suo volto che mi guardava dall’immaginetta posta sul mio comodino.
 
Una notte, spossata da tutti quei mesi di malattia e di febbre, ebbi una visione di un uomo piccoletto e grassottello, dal viso dolcissimo, vestito di bianco, che, accosto al mio letto, mi disse con tono paterno: “Sono papa Giovanni. Fra poco starai bene, non devi preoccuparti, ti aspetto a Roma”. Dopo quella visione, mi addormentai serena per la prima volta dopo tanto tempo.
 
La mattina dopo stavo già meglio e così raccontai a mia mamma di quello strano “sogno”, troppo realistico per essere solo un sogno, che avevo fatto. Inutile dirvi che nel giro di poco fu come iniziasse una vera rinascita per me. Ripresi a mangiare e i valori sanguigni tornarono a posto nel giro di qualche giorno, fui dichiarata guarita, non ebbi alcuna conseguenza sulla mia salute e, dopo qualche mese, ero sulla tomba di papa Giovanni (allora la sua tomba si trovava ancora nelle grotte vaticane, mentre oggi il suo corpo è esposto in una teca di vetro dentro la Basilica di San Pietro) a pregare per ringraziarlo della guarigione, insieme con la mia mamma.
 
I medici credettero per lungo tempo che alla fine era stata una qualche loro medicina fra le tante a guarirmi, ma io e mia mamma abbiamo sempre saputo, nei nostri cuori, che non era proprio così!
 
Francesca
 
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